21 maggio 2019
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La conciliazione in sede sindacale in materia di lavoro non sempre è possibile e non sempre è “blindata”: innanzitutto deve essere prevista dal contratto collettivo di lavoro applicabile nel caso specifico; e sempre richiede che l’assistenza da parte del rappresentante sindacale sia effettiva e approfondita e non meramente formale.
Se il sindacalista si limita «alla mera lettura del verbale predisposto dal datore di lavoro», senza illustrare «la portata della decisione di aderire alla conciliazione sul piano dei costi/benefici» e senza spiegare al lavoratore le conseguenze delle rinunce, al di là dell'avvertenza rituale sulla «irrevocabilità della scelta» di sottoscrivere il verbale di conciliazione, allora l'accordo può essere impugnato dal lavoratore.
In pratica, l’assistenza inadeguata configura la rinuncia «a diritti inderogabili del prestatore di lavoro», sanzionata dall’articolo 2113 Codice civile con l’invalidità e l’impugnabilità entro sei mesi. Entrambi i requisiti (per il limitato numero di contratti collettivi di lavoro che prevedono la conciliazione; e per la tendenza a svolgersi come un rito frettoloso e senza alcuna incidenza sulla decisione, più o meno consapevole, assunta altrove) potrebbero produrre effetti su larga scala nel caso si affermasse questo indirizzo giurisprudenziale.
QUI SOTTO la sentenza n. 4354/19 del tribunale di Roma (clicca sull'icona per aprirla)