Una morte sul lavoro, l’ennesima, ma quella di Luana, 22 anni, madre di
un bambino di 5, sembra gridare di più. Non perché le 120 vittime del
2021 siano figlie di un Dio minore, ma perché quella ragazza, bella e
sorridente, rinvia l’immagine di una giovane che si è impegnata a 17
anni a portare a termine una gravidanza, a lavorare per mantenere il suo
bambino e che è morta di lavoro, lasciando sola la creatura che
intendeva far vivere con le sue forze.
Come ha detto la madre di Luana, sobria, dignitosa, non si può morire di lavoro a 20, a 30, a 40, a 50 e neppure a 60 anni: non si può morire di lavoro.
Il lavoro serve a vivere, non a morire.
Come AGI Lazio, sentiamo l’esigenza di una riflessione trasversale con
esperti di sicurezza e formazione, ingegneri, consulenti del lavoro,
ispettori del lavoro e degli enti previdenziali, sindacalisti (dei
lavoratori e dei datori di lavoro) ed assicuratori, attraverso un corso
che inaugureremo a decorrere dal prossimo mese di settembre.
Ci attiveremo con AGI Nazionale per contribuire, con il nostro
patrimonio di conoscenze ed esperienza nelle aule giudiziarie, alla
creazione di un sistema di sicurezza socialmente condiviso.
La consapevolezza sociale circa la irrinunciabilità della sicurezza,
infatti, costituisce il presupposto imprescindibile di ogni iniziativa.