10 ottobre 2019
Con la rivoluzione digitale il lavoro si scompone nei lavori, si produce lo scollamento fra presenza e localizzazione e si inverte il rapporto fra la gestione del tempo e dello spazio. E se da una parte sono indispensabili nuove competenze specifiche, dall’altra è sempre più necessaria la commistione dei saperi, per non entrare nel futuro vagando come dei sonnambuli.
Poi, probabilmente, troveremo un nuovo equilibrio nel ruolo che per millenni ha caratterizzato le attività umane: l’uomo tornerà “pastore”. La conversazione tra il filosofo Luciano Floridi, professore ordinario a Oxford e direttore del Digital Ethics Lab, e il manager Antonio Calabrò ha arricchito il dibattito sul futuro del lavoro al convegno degli Avvocati giuslavoristi italiani, nella tavola rotonda (condotta da Laura Querzè del Corriere della Sera) fra il presidente di Confindustria Verona, Michele Bauli, il segretario generale Fim Cisl Lombardia, Andrea Donegà, il vicepresidente di Assolombarda e direttore di Fondazione Pirelli, Antonio Calabrò, e il professor Mariano Corso, ordinario di ingegneria economico-gestionale al Politecnico di Milano e responsabile dell’Osservatorio Smart Working.