La reperibilità sul luogo di lavoro rientra a pieno titolo nell’orario di lavoro e determina una compressione della libertà personale. Lo afferma la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 10648/2025.
Il tempo trascorso nella sede lavorativa per la reperibilità notturna impone la corresponsione di una compensazione economico proporzionata per aver garantito la propria presenza e disponibilità per eventuali esigenze improcrastinabili, anche se non si concretizzano in interventi realmente effettuati.