GMO: “manifesta” insussistenza del fatto - Ord. 19-03-2014 Tribunale di Roma Pres. Sordi

12 settembre 2014

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Tribunale di Roma, 19 Marzo 2014 (ord.) Est. Paolo Sordi, V.R.  (avv.ti D’Arezzo e Termite) c/ U.S. S.r.l. (avv. Guariglia) Il Tribunale di Roma ha esaminato la domanda proposta dal Lavoratore volta ad ottenere, in via principale, la nullità del licenziamento ex art. 18 Legge 300/70 in quanto discriminatorio ed inficiato da motivo illecito determinante e, in via subordinata, la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione ed al pagamento dell’indennità ex art. 18 4° co. (c.d. reintegrazione attenuata). Il Tribunale di Roma, dopo aver ritenuto infondata la domanda principale, esaminata la distinzione tra “manifesta” insussistenza del fatto e la semplice insussistenza dello stesso (la quale dà luogo alla corresponsione della sola indennità di cui al 5° comma dell’art. 18) ha accolto il ricorso proposto dalla lavoratrice evidenziando che: - sebbene vi sia in dottrina una scissione tra coloro che ritengono che per “manifesta”  insussistenza del fatto debba intendersi evidente ovvero facilmente verificabile, ed altri che  individuano la differenza tra insussistenza semplice e manifesta nel grado di coincidenza tra i fatti descritti nella lettera di licenziamento e quelli provati in giudizio, tali impostazioni “finiscono per essere poco più che mere varianti semantiche della locuzione utilizzata dal legislatore” rendendo di conseguenza necessaria, ai fini del riconoscimento della tutela richiesta, una analisi della disciplina contenuta nel “nuovo” art. 18 con particolare riguardo ai presupposti dell’applicabilità della tutela reintegratoria attenuata. -  “la disciplina introdotta dal legislatore nel 2012 si caratterizza per il fatto che tale forma di tutela è prevista in generale nei casi in cui è riscontrabile l’insussistenza delle circostanze di fatto addotte dal datore di lavoro a giustificazione del proprio recesso, mentre invece la tutela indennitaria forte è contemplata quando quei fatti, pur esistenti, non siano qualificabili come giusta causa o giustificato motivo di licenziamento perchè non tali da incidere in maniera decisiva sulla funzionalità del rapporto” - l’elemento comune di tutte le fattispecie di illegittimità di licenziamento per le quali è stabilita la tutela reintegratoria attenuata è rappresentato dall’insussistenza di fatti  posti alla base del licenziamento irrogato dal datore di lavoro. - la nozione legale di giustificato motivo oggettivo di cui all’art 3 della legge 604/1966 si fonda sull’esistenza di determinate circostanze ( inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) idonee a giustificare l’espulsione del lavoratore dall’azienda. - in caso di accertata manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento “il Giudice dovrà comunque disporre la reintegrazione” -  in sintesi: “se manca il “fatto” la conseguenza è la reintegrazione; se il “fatto” sussiste ma esso non è valutato dal giudice (…) come tale da pregiudicare definitivamente la funzionalità del rapporto (..) ovvero se il datore di lavoro non ha rispettato gli oneri procedimentali eventualmente previsti per l’esercizio del suo potere la conseguenza è l’indennità risarcitoria” e di conseguenza è necessario che il può contenuto nel citato disposto normativo (comma 7 art. 18) sia interpretato come deve. Alla luce di quanto sopra il Giudice, non ritenendo sussistente nella specie il fatto posto alla base del provvedimento espulsivo erogato dal datore di lavoro, ha condannato quest’ultimo a reintegrare la lavoratrice nel proprio posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria corrispondente alle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del licenziamento a quello del provvedimento giudiziale che ha ordinato la predetta reintegrazione.
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