La prestazione “resa in forma esclusiva e continuativa” da parte di un avvocato per lo studio legale associato non ha natura subordinata, “se le forme di coordinamento che regolano l’attività associativa sono funzionali alla migliore organizzazione del lavoro”.
Nel commentare la sentenza n. 28274/2024 della Corte di Cassazione per Il Sole 24 Ore (Studi associati, l'avvocato non può essere subordinato), l’avvocato giuslavorista Giampiero Falasca riporta le motivazioni con cui i giudici hanno rigettato la richiesta di una avvocata che chiedeva l’accertamento della natura subordinata del rapporto con uno studio associato, intrattenuto per oltre 13 anni.
Tra i punti evidenziati, “uno studio associato - osserva la sentenza - è un sistema organizzato all’interno del quale il singolo avvocato decide di prestare la propria attività professionale, accettando alcune limitazioni in cambio di altrettante agevolazioni e prerogative”.
“L’obbligo di esclusiva”, scrive Falasca, “trova una spiegazione nello scopo di evitare conflitti di interesse che potrebbero sorgere se ciascuno dei professionisti potesse gestire, in modo parallelo, una propria clientela”.
Quanto all’impegno temporale, “la Corte esclude che la fissazione di scadenze sia indice di subordinazione: le tempistiche indicate nelle e-mail (...) nel caso in questione erano espressione di un potere conformativo dello studio sulla prestazione professionale dell’avvocata, rispondendo alla necessità, insita nell’attività stessa, di rispettare i tempi dei clienti”.