Va risarcito l’agente penitenziario sottoposto a visita psichiatrica per verificarne la presunta omosessualità che avrebbe potuto compromettere la sua idoneità al servizio, venendo parificata ad un disturbo della personalità. Lo ha stabilito il Tar Piemonte con la sentenza n. 353/2024.
La visita era stata ordinata a seguito della segnalazione di due detenuti che avevano lamentato delle avances dall’agente, poi risultata falsa. Il Ministero della Giustizia aveva sostenuto la legittimità dell’operato in quanto “atto dovuto a fronte delle dichiarazioni spontaneamente rese dai detenuti” e che i controlli fossero finalizzati ad accertare l’idoneità al servizio in relazione allo stato d’ansia manifestato dall’agente dopo la contestazione.
Per il Tribunale la condotta è “illecita e foriera, per il ricorrente, di un danno patrimoniale risarcibile”. Si è trattato di una decisione “arbitraria e priva di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico” ed è stata operata una illegittima inferenza tra la presunta omosessualità dell’agente e l’esistenza di un disturbo della personalità.