Danno da demansionamento: Corte di Cassazione, ordinanza n. 6257/2024

12 marzo 2024

Giurisprudenza Alte Corti ,

Danno da demansionamento: Corte di Cassazione, ordinanza n. 6257/2024

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6257/2024, sottolinea che la prova del danno da demansionamento può essere fornite anche tramite l’allegazione di presunzioni gravi, precise e concordanti.

La prova del danno, infatti, può essere dedotta valutando come elementi presuntivi “la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata dell’adibizione alle mansioni di produzione (da comparare a quelle di natura impiegatizia precedentemente ricoperte), la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo il corso di formazione ricevuto, i solleciti rivolti ai superiori per lo spostamento a mansioni più consone”.

Rappresentano dunque caratteristiche suscettibili di valutazione per l’accertamento di un danno professionale sia per quanto riguarda un eventuale deterioramento della capacità acquisita, sia per un eventuale mancato incremento del bagaglio professionale.

È sul datore di lavoro, proseguono i giudici, "che incombe l’onere di provare l’esatto adempimento del suo obbligo, o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che l’adibizione a mansioni inferiori fosse giustificata dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali oppure, in base all’art. 1218 c.c., a causa di un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

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