È contraria al diritto comunitario la normativa interna che prevede che il dipendente part-time sia obbligato a svolgere un numero di ore di lavoro extra pari a quello richiesto ai lavoratori a tempo pieno per ottenere una maggiorazione retributiva.
A stabilirlo è la Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza relativa alla causa C-660/20 dello scorso 19 ottobre, rilevando che se i lavoratori a tempo parziale esercitano le stesse mansioni o occupano lo stesso posto di quelli full-time, le due categorie sono comparabili.
L’esistenza di soglie identiche per avere una remunerazione supplementare costituisce per i dipendenti part-time la necessità di effettuare un numero di ore di servizio più lungo rispetto ai colleghi comparabili a tempo pieno.
Ciò dà quindi luogo ad un trattamento sfavorevole per chi è a tempo parziale, richiedendo maggiori difficoltà per soddisfare la condizione: elemento contrario al diritto comunitario.