È da escludersi come giusta causa di licenziamento la condotta del dipendente che, in uno scritto difensivo, attribuisce al datore atti o fatti che riguardino in modo diretto ed immediato l’oggetto della controversia, anche se non rispondenti al vero. Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 19621/2023.
Già la Corte d’Appello aveva escluso che le “gravissime accuse”, per come considerate dalla società dove il dipendente era impiegato, potessero integrare, sotto profilo soggettivo, un reato di calunnia o diffamazione, dal momento che la condotta era rimasta nei limiti di un’aspra critica, finalizzata all’esercizio del diritto di difesa in giudizio.
Di fronte al ricorso del datore di lavoro, la Corte di Cassazione ha confermato le conclusioni del giudice di secondo grado.