L’attività sindacale non sfocia nel reato di associazione per delinquere, seppure svolta in modo violento, quando la finalità perseguita è quella dell’ottenimento di migliori condizioni lavorative. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza 21400/2023.
Nel caso in questione, i rappresentanti di una sigla sindacale sono stati imputati per il delitto di associazione a delinquere, dando inizio ad uno scontro con un diverso sindacato, provocando la parte datoriale e avviando un picchettaggio illegale.
Nel pronunciarsi, i giudici sottolineano che l’associazione a delinquere tra soggetti sindacali è configurabile se viene posta in essere esorbitando il limite dell’esercizio dell’attività scriminata a livello costituzionale. D’altra parte, il raggiungimento della prova risulta molto difficile perché il programma criminoso tende a confondersi con le finalità del sindacato, senza far comprendere quando la condotta dei sindacalisti accusati sia finalizzata a interessi individuali di profitto e potere e quando costituisce lotta, anche dura, per raggiungere condizioni di lavoro migliori.