Con l’ordinanza 12244/2023, la Corte di Cassazione si pronuncia in merito al licenziamento per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore che si era rifiutato di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a parziale.
Il rifiuto, in base all’art. 8, comma 1, del dlgs. 81/2015, non può rappresentare un giustificato motivo di licenziamento. I giudici, d’altra parte, precisano che la norma non va considerata in maniera rigida. Si tratta di una previsione che “comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell’onere della prova posta a carico di parte datoriale”.
Al datore spetta quindi dimostrare, per rendere legittimo il recesso, che sussistano delle esigenze economiche e organizzative effettive incompatibili con una prestazione a tempo pieno e che consentano solo il mantenimento di una prestazione a tempo parziale.
In aggiunta, il datore deve provare di aver proposto la trasformazione del rapporto e di aver ottenuto un rifiuto del lavoratore e che il licenziamento è causalmente collegato alla necessità di una riduzione di orario.