Con l’ordinanza n. 6838/2023, la Corte di Cassazione evidenzia che la domanda di nullità per un licenziamento per ritorsione, e argomentata sostenendo la sussistenza di un motivo illecito alla sua base, può essere accolta se si dimostra che l’intento ritorsivo abbia determinato la volontà del datore di recedere dal rapporto di lavoro, in maniera esclusiva.
Questo anche in presenza di un altro fatto rilevante che avrebbe di per sé potuto rappresentare una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento.
In tale circostanza, è il lavoratore che deve dimostrare la prevalenza dell’intento ritorsivo, anche attraverso presunzioni. Allo stesso tempo, il datore deve provare l’esistenza di un’eventuale giusta causa o giustificato motivo.
Se questi vengono forniti, allora il lavoratore deve dimostrare l’intento ritorsivo e che è illecito l’unico e determinante motivo di recesso.