Ancora su qualificazione in termini retributivi del credito vantato dal lavoratore in caso di inottemperanza datoriale all’ordine giudiziale di ripristino del rapporto

7 giugno 2018

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Cass. Civ. S.L. 1.6.2018 n. 14136 La Sezione Lavoro della S.Corte ha espressamente applicato anche alla declaratoria di illegittimità della cessione di ramo d’azienda, con conseguente ordine al cedente di ripristinare il rapporto di lavoro con il dipendente trasferito, il recente revirement delle Sezioni Unite (sentenza n. 2990 del 7.2.2018) in ordine alla natura retributiva e non risarcitoria delle somme spettanti al lavoratore il quale, dopo l’accertamento di un illecita interposizione di manodopera, offerte le proprie prestazioni, non sia stato riammesso in servizio. La Sezione Lavoro della Suprema Corte ha, quindi, riaffermato e ritenuto applicabile anche al mancato ripristino fattuale del rapporto conseguente alla dichiarata inapplicabilità dell’art. 2112 cod. civ. il principio secondo il quale “il datore di lavoro il quale, nonostante la sentenza che accerta il vincolo giuridico, non ricostruisca il rapporto di lavoro senza alcun giustificato motivo, dovrà sopportare il peso economico delle retribuzioni, pur senza ricevere la prestazione lavorativa offerta dal lavoratore”. La Sezione Lavoro ha, tuttavia, ribadito che “una ed una sola essendo la prestazione lavorativa che il lavoratore svolge nel ramo (illegittimamente) ceduto, il pagamento della relativa retribuzione da parte del cessionario costituisce un pagamento consapevolmente effettuato da un soggetto che non è il vero creditore della prestazione, e dunque un adempimento del terzo, cui consegue la liberazione del vero obbligato, in applicazione del medesimo principio generale previsto dall’art. 1180 c.c., comma 1, c.c.. Con la conseguenza che il lavoratore non potrà ottenere dal cedente la medesima retribuzione già corrispostagli dal cessionario, ma solo le differenze rispetto a quanto avrebbe percepito alle dipendente del primo.”.  

a cura di Filippo Maria Giorgi

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